Per tutto il Medioevo una delle principali strade che collegavano il Pratese al mondo padano risaliva la stretta valle del Bisenzio sino al valico di Montepiano seguendo quella sorta di via naturale tracciata dal fiume e già usata in epoca pre-romana e romana.
Dopo la conquista longobarda, l’alta valle del Bisenzio e del Fiumenta fu tra i territori assegnati dall’imperatore Berengario ai Cadolingi, nel 915. Agli inizi del XII secolo Vernio e Mangona passarono in eredità dalla famiglia dei Cadolingi a quella degli Alberti di Prato, che ampliò notevolmente i suoi possessi ed assunse il titolo di Conti di Vernio. Nel 1332 fu acquistata dai Bardi, che ottennero il Vicariato Imperiale nel 1355.
Il territorio è comunque legato anche alla fondazione e crescita dell’Abbazia di S. Maria a Montepiano che, trovandosi sul confine con Bologna, era considerata punto strategico economico, politico e commerciale. Il Feudo dei Bardi (che nei primi del ‘600 tennero qui riunioni della loro Camerata Musicale) sopravvisse, come ultimo residuo del potentato feudale pratese, fino al 1797, quando fu annesso alla Repubblica Cisalpina. Dopo il 1815, con il riordino post-napoleonico, fu unito definitivamente al Granducato di Toscana.
Divenne per qualche tempo podesteria (con sede a Mercatale) e fu poi annessa al vicariato regio di Prato che ne amministrava giustizia, uffici di collegamento, polizia ecc. L’espansione dell’industria tessile pratese della fine 800 e più tardi lo scavo della grande galleria sulla linea ferroviaria Prato-Bologna, comportarono una netta ripresa economica che si è andata via via consolidando fino ai tempi odierni.
Fin dall’800 è nota la stazione turistica di Montepiano sul crinale appenninico, abbellita da laghetti e passeggiate. Ma anche Vernio offre attrattive al turista, col complesso seicentesco di San Quirico e con recenti musei.
San Quirico (278 m), sviluppato ai piedi della Rocca, divenne dalla metà del ‘600 residenza dei conti Bardi e dopo il 1815 fu sede del nuovo Comune. Oltre il Fiumenta emerge il monumentale complesso, realizzato nel 1706-30 per volontà di Ridolfo de’ Bardi, formato dal Casone, residenza comitale e poi palazzo del comune, collegato tramite la Galleria all’Oratorio di San Niccolò (costruito entro il 1706 da G.B. Bettini), con articolata scala a doppia rampa al centro del prospetto, inquadrato da lesene binate e concluso da timpano.
La severa facciata del Casone, con fitte aperture su tre piani, ha sopra il terrazzo centrale un complesso stemma Bardi. Nella Sala del Consiglio, con bel soffitto a cassettoni, tra vari dipinti vi è una copia settecentesca dell’Assunta di A. Gherardini conservata in San Niccolò a Prato.
La contigua galleria ospitò l’Opera Pia di San Niccolò ed è formata da due lunghe sale sovrapposte: l’inferiore coperta a botte, l’altra con soffitto ligneo a grandi riquadri ed elegante scalinata che scende nel vestibolo dell’Oratorio. Qui vi è un altare con bella tela settecentesca vicina al Conti e due notevoli acquesantiere del primo ‘700, in bronzo (forse di M. Soldani), sormontate da ovali a bassorilievo col busto di Ridolfo de’ Bardi e con una allegoria della Carità (con putti che distillano una essenza dalle rose).
L’aula vasta e luminosa dell’oratorio, di forme classiche e severe, ha pareti intonacate con ampie fasce angolari collegate a una trabeazione continua e soffitto ligneo a formelle ottagonali, ridecorato nel XIX secolo. Nel coro tre finestroni illuminano l’imponente altare marmoreo (G.B. Bettini, forse su disegno di M. Soldani), concluso da un timpano concavo, raccordato alla parete con un elegante gioco di curve.
La settecentesca pala con la Madonna, il Bambino e San Niccolò è opera di un pittore di orientamento classicista, vicino al Puglieschi; altre tele più modeste ornano l’Oratorio, che conserva l’arredo originale e la cantoria, con organo del 1699.
Un vasto spiazzo a sinistra del Casone è chiuso in alto dal fianco della chiesa di San Leonardo e San Quirico, col robusto campanile a torre. Duecentesca, ma completamente trasformata dal ‘700 al ‘900, la chiesa conserva nella cappella di sinistra una piccola robbiana della bottega di Benedetto Buglioni (Madonna col Bambino), mentre nel coro vi è una originale tela di Gregorio Pagani con la Madonna del Rosario (1597). Di lato al presbiterio, oltre al grande Crocifisso ligneo, vi è una notevole tela con il Transito di San Giuseppe vicina al Sagrestani, proveniente dall’ex oratorio di San Giuseppe, che prospetta sul sagrato della chiesa.
Dal fondo dell’erta, tipica del borgo, una viottola risale fino al Castello (350 m) o Rocca di Vernio (raggiungibile anche dalla Statale, con una deviazione poco prima di Sasseta), toccando il lato meridionale delle mura trecentesche, assai rimaneggiate, con portale tardo quattrocentesco. Della vera rocca dei Cadolingi, poi degli Alberti (il Cassero col torrione del Reccaccino), rimangono poche tracce nella zona alta, mentre restano il Palazzo Comitale e la cappella di S. Agata (costruita nel 1556, ma ristrutturata nel 1706) e le case circostanti.
Il Palazzo, edificato in periodo rinascimentale a contatto con le mura, ha un ampio prospetto intonacato, con nove finestre centinate al primo piano. Il seminterrato conserva antiche strutture (forse prigioni), mentre al piano terreno sono le cucine del XV-XVI secolo. Lo scalone (1752) conduce al vasto salone, con soffitto a cassettoni e pareti dipinte con vedute e architetture (1830 circa). Nel periodo di Giovanni dei Bardi (1579-92) nel palazzo ebbero luogo incontri della “Camerata dei Bardi”, le cui esperienze del “recitar cantando” portarono alla nascita dell’opera lirica.
In località Terrigoli, dalla statale si devia a sinistra prendendo una strada che sale fino ad un moderno edificio (un tempo adibito a scuola elementare), nel quale da alcuni anni è stato allestito dal Centro di documentazione storico etnografico della Val di Bisenzio un interessante Museo-Laboratorio sul tema “Dal Mulino alla fabbrica attraverso la civiltà contadina”.
Il museo analizza le tradizionali attività lavorative della valle del Bisenzio, basandosi su una scelta di oggetti significativi (del XIX secolo e prima metà del XX secolo) corredati da schemi grafici di facile comprensione, con laboratorio didattico e possibilità di approfondimenti informatici e audiovisivi.
Scendendo verso la valle, prima del cimitero, una strada sale a Poggiole (402 m), in posizione panoramica, col piccolo Santuario di San Antonio Maria Pucci (1819-1892). L’amato “curatino”, nato a Poggiole e canonizzato nel 1962. Il santuario, opera degli architetti Preti e Ceramico (1964-65), ha struttura in cemento armato rivestita in arenaria, con interno spoglio ma suggestivo.
Proseguendo lungo la Statale, superato l’imbocco della grande galleria ferroviaria dell’Appennino (lunga 18.507 metri – la seconda in Europa – realizzata nel 1920-29), si raggiunge Mercatale (269 m), il maggior abitato del Comune di Vernio. La posizione favorevole, alla confluenza del Fiumenta nel Bisenzio, ne ha fatto da sempre un importante crocevia, luogo di fiere e mercati fin dal medioevo; divenuto nell’800 sede della podesteria, Mercatale ha vissuto dalla fine di quel secolo un discreto sviluppo industriale e commerciale. L’ex carbonizzo Meucci ospiterà il Parco-Museo del Bisenzio, struttura polivalente con un percorso espositivo sulla lavorazione della lana e sul passaggio dal mulino alla fabbrica.
La moderna chiesa di S. Antonio da Padova (A. Giuntoli, 1960-63), con imponente rilievo del Salvatore sulla facciata, conserva all’interno un venerato Crocifisso ligneo del tardo `500. Poco oltre sorse lo Spedale di Santa Maria, voluto da Girolamo dei Bardi nel 1758, che fu chiuso nel 1880 e completamente trasformato.
Da Mercatale si può raggiungere Cavarzano (650 m), tradizionalmente legato a silvicoltura e pastorizia. L’edilizia del borgo è dominata dalla grande chiesa neoromanica di San Pietro (R. Franci, 1928-30), in arenaria e mattoni. A nord di Cavarzano, lungo un antico, panoramico percorso di crinale era l’alpeggio estivo per il bestiame (l’Alpe di Cavarzano), tra i rilievi del Poggio di Petto (1121 m) e della Scoperta (1278 m), fino al Passo dell’Alpe di Cavarzano (1008 m).
Poco a sud di Mercatale la vecchia via di Camaldoli sale a Sant’Ippolito (415 m), località di soggiorno estivo in un territorio fertile, dove il castagno convive con l’ulivo, ricca di antiche tradizioni (come il “Carnevalino”, organizzato dalla “Compagnia dell’Aringa”, per il sabato successivo alle Ceneri, con corteo mascherato). L’antico abitato sorse intorno alla pieve dei Santi Ippolito e Cassiano, documentata dal 998, che fu ricostruita nel XII secolo e più volte ristrutturata.
Il fianco sulla piazza principale conserva il paramento medievale in arenaria; il coro secentesco si collega al robusto campanile a torre, con zona basamentale del XII secolo. La facciata è preceduta da un portico su pilastri che inglobano colonne cinque-seicentesche. All’interno, nel XVIII secolo furono rifatti portale, confessionali, fonte battesimale (1704), l’elegente altare maggiore (1706) e alcuni altari laterali; nel primo a destra vi è una piacevole tavola col Cristo deposto (1579), di Giovanni bozzelli, mentre il secondo, imponente altare di sinistra (del 1632) ospita una coeva Madonna del Rosario.
In sacrestia è posta una vivace tavola con l’Adorazione dei Pastori (1503) del pratese Girolamo Ristori. Sul lato destro della piazza il settecentesco Oratorio della Compagnia del Nome di Gesù è oggi sede della Biblioteca Tetrarca, fondata nel 1916 da Ferdinando Ricci, che trascorreva la villeggiatura nella vicina Villa Gualtieri, di aspetto sette-ottocentesco.
In località Terricoli ha sede un interessante Museo-Laboratorio che analizza le tradizionali attività della Val di Bisenzio, illustrandole con schemi e oggetti significativi del XIX e inizi del XX secolo.
Poco oltre. L’abitato de Le Confina indica il termine della contea. A nord di San Quirico troviamo Sasseta (439 m), fin dal medioevo terra di pastori che vivevano di transumanza, sviluppatasi dalla fine dell’800. nella moderna chiesa di San Michele (n. De Majer, 1954-58) si conserva una bella tavola con l’Annunciazione, Santi e donatori (1585 circa), opera giovanile dell’Empoli. Subito a valle vi è l’Oratorio di Santa Maria della Neve, sorto nel 1556, con curioso campanile.
Proseguendo lungo la Statale, sulla destra vi è Luciana (529 m), con edifici caratteristici lungo una ripida via e, a valle, la chiesa di San Martino, ristrutturata nell’800.
Dalla Statale, dopo una zona boscosa si raggiunge Montepiano (700 m), in un pianoro attraversato dal fiume Setta, tra gli alti rilievi a bosco e pascolo di Poggio di Petto, Scoperta, Monte Casciaio, Tronale. Resti risalenti al periodo etrusco confermano che l’agevole valico appenninico di Montepiano fu utilizzato in epoche remote, ma i primi insediamenti certi sono legati alla badia vallombrosana.
Il notevole sviluppo lungo la Statale risale invece alla fine dell’800, quando Montepiano divenne una frequentata stazione climatica. Lungo la via della badia vennero costruite molte ville (Torre Alpina, La Delfiniana, Villa Sperling) e, negli anni 1950, un laghetto artificiale con villaggio turistico. Poco oltre, in uno spiazzo alberato vi è il Sole, scultura di Bruno Saetti (1902-1984).
La strada raggiunge la Badia di Santa Maria, sorta intorno al 1095 presso il romitorio del beato Pietro e ampliata entro il 1138. Il monastero vallombrosano, che ebbe vasti possessi fino al Mugello e gestì uno spedale, fu lasciato dai monaci nel XVI secolo. Restaurato dai Bardi, subì gravi danni per il terremoto del 1843; dal 1940 il monastero (esclusa la chiesa) è di proprietà della Piccola Missione per sordomuti.
La chiesa conserva la struttura in arenaria del XII secolo; la facciata ha un originale coronamento ad archetti su colonnini e un notevole portale ornato da rilievi arcaizzanti sull’architrave e nella soprastante lunetta, occupata da una ieratica figura di “orante”. All’interno l’alta, suggestiva navata conserva a destra un importante gruppo di affreschi del 1260-80: tre riquadri, che uniscono influssi lombardi e toscani, raffigurano la Natività, l’Annunciazione, e l’Arcangelo Michele; contigui sono l’imponente San Cristoforo, opera della corrente bizantina toscana più raffinata e una rigorosa Madonna col Bambino, basata su prototipi bizantini.
Coevi, sulla parete opposta, sono alcuni frammenti con Storie del beato Pietro (una riproposta in un bassorilievo del `700). Altri affreschi fra il XIV e inizi del XV secolo sono sulle pareti e in controfacciata (attribuiti a Lorenzo di Niccolò, allo pseudo Ambrogio di Valdese, a Pitro di Miniato). Sotto l’altare vi è un calco del rilievo di Giroldo da Como (1262), esposto nel Museo dell’Opera del Duomo di Prato.
Sulla Statale sorge la chiesa parrocchiale di Santa Maria, rivestita in arenaria (M. Bega, 1939-42), che fu restaurata nel dopoguerra aggiungendovi portico e campanile a torre; nel catino absidale vi è un grande mosaico con l’Incoronazione della Vergine (L. Tommasi, 1959).
Proseguendo verso nord si attraversa il borgo, con pensioni e negozi (l’Istituto di Santa Teresa, sulla destra, ha nella cappella un affresco Virgo Cameli, di Bruno Saetti); nella piazzetta sorge Casa Bartolini, antica dogana, dove abitò lo scultore Lorenzo Bartolini (1777-1850). Oltre Montepiano, La Storaia (749 m) è un borghetto in origine abitato da pastori, presso il confine regionale.
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