Carmignano

Il territorio del Comune di Carmignano fu dal VII al I secolo a.C. sede dell'importante centro etrusco di Artimino e di altri insediamenti collegati.
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Il territorio del Comune di Carmignano, frequentato dall’uomo fin dal Paleolitico (circa 20.000 a.C. come dimostrano i reperti in diaspro rosso della “industria litica” pratese), fu dal VII al I secolo a.C. sede dell’importante centro etrusco di Artimino e di altri insediamenti collegati.

Della civiltà Romana e del successivo periodo Longobardo restano tracce nei toponimi. Nei secoli seguenti si completò l’organizzazione del territorio con una serie di Pievi – le più antiche Artimino e Seano – e chiese minori, poi nel XI-XII secolo di castelli (Artimino, Carmignano e Bacchereto).
In periodo Medievale il Montalbano fu a lungo conteso, ma le frequenti guerre e gli assedi non impedirono però la formazione di Comuni rurali Carmignano, Bacchereto ed Artimino, che cedettero alle angherie di conquista fiorentine solamente alla metà del XIV secolo con un trattato che vedeva impegnarsi il suddetto Comune con il Comune di Firenze in una sudditanza forzata, ma come vollero ricordare i sottoscrittori di Carmignano: “A Voi, Magistrati di Firenze, conviene correggere l’antico errore di volerci vostri sudditi con la prepotenza…”. Purtroppo, più volte, questa ultima postilla dell’accordo non fu rispettata.

Unica area che non fu mai sottoposta al dominio fiorentino furono le terre di Montalbiolo, che fecero parte fino al 1843 del distretto di Prato; grazie alle concessioni di terreni fatte agli abitanti, la zona progredì nel settore agricolo. Il Comune di Carmignano, oltre che per valori paesaggestici, storico-artistici ed archeologici è ben noto anche per la sua produzione vinicola, oggi protetta da Denominazione di Origine Controllata e Garantita.

Carmignano e gli Etruschi

Le ricerche condotte nel territorio di Carmignano dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana nel corso ultimo trentennio hanno restituito testimonianze di grandissimo rilievo soprattutto riguardo all’occupazione dell’area in periodo etrusco, portando alla luce reperti per la maggior parte già esposti nel Museo Archeologico Etrusco e strordinarie architetture risalenti al VII secolo a.C. (ovvero la fase «orientalizzante» della civiltà etrusca).

L’insediamento di Artimino si sviluppava sui deboli rilievi attualmente occupati dal borgo medievale e dalla splendida Villa Medicea «La Ferdinanda», dove probabilmente era ubicata l’acropoli della città. Una vasta necropoli era situata sul versante est-sud est del colle, a Prato di Rosello; un’altra doveva estendersi in prossimità della Pieve di San Leonardo – uno dei gioielli di architettura romanica presenti nel territorio comunale – mentre un grande tumulo funerario sorgeva probabilmente immediatamente all’esterno della cinta muraria della città estrusca (in direzione nord-est), nel podere Grumulo.

Alcune tombe gentilizie si ergevano comunque anche ai piedi del colle, a Comeana. Monumento principe è il grande tumulo di Montefortini, che conserva due distinte sepolture a camera. Poco lontano dal tumulo di Montefortini, vicino al cimitero del paese, sorge la tomba dei Boschetti.

Ma anche l’area sommitale del colle di Pietramarina – oggi caratterizzata dalla presenza di agrifogli e lecci secolari di grande interesse naturalistico – è stata occupata dagli Etruschi a partire dal VII secolo a.C.
Sorto forse su un aggregato rurale romano, il borgo fu sede di una corte del Vescovo di Pistoia almeno fino al X secolo; una struttura fortificata presso l’attuale Rocca fu incastellata nel XII secolo, quando Carmignano passò sotto il controllo di Pistoia (1126). Il castello fu occupato nel 1228 da Firenze, tornando a Pistoia nel 1242.

Il comune rurale formatosi nel XIII secolo fu dato in signoria nel 1301 da Carlo di Valois a Musciatto Franzesi, che lo cedette ai fiorentini (i quali demolirono di nuovo rocca e mura). Tornato sotto Pistoia, nel 1325 fu assediato e conquistato da Castruccio Antelminelli, signore ghibellino di Lucca e Pistoia, finché tre anni dopo Firenze si riappropriò del castello, annettendolo al proprio territorio nel 1330, insieme a Bacchereto e Artimino.

L’attuale abitato di Carmignano nacque ai piedi del castello, sviluppandosi notevolmente dal ‘600 lungo la strada principale. Su un altura all’inizio del paese sorge l’imponente Villa Rasponi; l’allungato edificio padronale con torretta laterale conserva forme cinquecentesche. Sulla piazza centrale il 29 settembre si svolge il tradizionale Palio dei Ciuchi, la più animata e antica manifestazione della zona, arricchita da sfilate di complessi carri allegorici dei quattro rioni.

Pieve di San Michele e San Francesco

La pieve di San Michele e San Francesco venne costruita intorno al 1330 nel convento francescano sorto ai primi del ‘200 sotto il castello: dopo la sua soppressione nel 1782 vi fu trasferita la pieve di San Michele. La semplice facciata è preceduta da un loggiato (1773), che da accesso anche al chiostro.

L’interno, tipicamente francescano, ha una grande navata con cappelle absidali; i sei imponenti altari laterali seicenteschi accolgono opere notevoli: la celeberrima Visitazione (1537-38) del Pontormo, con solide figure alleggerite dal felice movimento delle vesti e dai colori dotati di una intensa luminosità, che occupano lo spazio frontale lasciando intravedere una prospettiva ripida e silenziosa come i colloqui di sguardi tra le figure.

Notevole anche la Madonna del Rosario e Santi (1601) di Cosimo Lotti, originale e ricca di particolari raffinati; le altre interessanti tele (1631-42) sono riconducibili a Giovan Pietro Naldini. Nelle cappelle del presbiterio, ristrutturate nel ‘500, sono sistemeti affreschi e sinopie del 1430-40 staccati dalla chiesa (con opere di Andrea di Giusto e Antonio di Miniato); sull’altare maggiore è posto un bel Crocifisso ligneo (1731).
Nel chiostro, con loggiato settecentesco prospetta l’oratorio della Compagnia di San Luca, sorto nel 1348 sulle primitiva chiesetta francescana.

La Rocca, accessibile con un panoramico percorso pedonale, conserva poche tracce delle antiche fortificazioni, più volte demolite; in buona parte di ripristino è la panoramica torre del Campano, presso l’ingresso al parco, con boschetto ed edificio ottocentesco sorto sui resti del Maschio.

Dell’antico castello intorno alla rocca restano complessi signorili su una panoramica strada di crinale: Villa della Rocca, di severo aspetto seicentesco, Villa della Costa, con resti medievali, Villa Cremoncini e l’interessante villa Olmi, nata intorno ad un alta torre medievale, con un bel prospetto tardo cinquecentesco e originali finestre inginocchiate.

Tra le altre ville del territorio, a Frigionaia vi è la Villa Novelli (dove abitò Augusto Novelli, autore de L’acqua cheta), mentre, sulla strada per Seano, dopo la Villa del Poggiolo, vi è la notevole Villa di Trefiano, trasformata in casino da caccia dai Rucellai nel 1565-70, forse su progetto del Buontalenti.

Parco Archeologico di Carmignano

Nato nel 1983 per accogliere i numerosi reperti archeologici del territorio di Carmignano, relativi soprattutto all’occupazione dell’area in periodo etrusco, rinvenuti a seguito delle ricerche effettuate principalmente dalla Soprintendenza Archeologica della Toscana nel corso degli ultimi trent’anni, è stato ampliato in due successive riprese, nel 1987 e nel 1992.

Il Percorso Museale comprende: una esemplificazione dei materiali restituiti dagli scavi condotti nell’area a Nord della Paggeria medicea – facente parte dell’ insediamento etrusco di Artimino e comprendente un’area di culto – che coprono un arco cronologico che va dal VII secolo a.C. alla prima età romana imperiale (vetrine 1-7); alcuni straordinari reperti rinvenuti dalle necropoli etrusche del territorio: Prato di Rosello; tumuli di Boschetti e Montefortini, tra i quali il notissimo incensiere in bucchero a traforo e lo splendido corredo di Grumaggio, rinvenuto occasionalmente nel 1942, all’interno del quale campeggia un grande cratere etrusco a figure rosse (kelebe) con personaggi del corteo dionisiaco.

In ottimo stato di conservazione è anche il servizio da simposio, di bronzo, composto da una situla stamnoide ad anse mobili, una brocca con orlo decorato ad ovoli, una teglia, un colino e attingitoi a rocchetto.
Lungo le pareti sono esposte steli e cippi arcaici figurati e urnette cinerarie ellenistiche.
La seconda sezione del Museo è dedicata all’esposizione di un complesso di ceramiche di Bacchereto rinvenute occasionalmente nel 1974, in località Novelleto.

Attività del Museo

Il Museo, in collaborazione con la Provincia di Prato, con altri Musei ed Associazioni di volontariato della provincia, promuove e organizza:

Inoltre partecipa al progetto Socrates della Comunità Europea ¨Musei e Educazione degli adulti¨.

Il Castello di Artimino

Il castello di Artimino si annuncia di lontano con la porta turrita in arenaria che ne costituisce l’ingresso principale (altre tre torri, in parte modificate si identificano nel perimetro esterno). Documentato nel 1026, fu assediato e conquistato nel 1228 dai fiorentini; poco dopo vi sorse un Comune rurale che ripristinò le difese del castello, passato nel 1329 sotto dominio fiorentino.

L’alta porta-torre merlata (di struttura trecentesca, molto modificata nella parte superiore) immette su una ripida strada lastricata, che sale fino a un ex oratorio (nel ‘300 chiesa di San Lorenzo). Di fianco vi è l’accesso alla fattoria che ingloba parte del borghetto con uno stradello lastricato. Dal castello l’imponente solare mole della Villa La Ferdinanda, o Villa dei Cento Camini, appare allungata sulla cima del colle.

La Villa Medicea “La Ferdinanda”

Non distante dallo splendido borgo medievale di Artimino il Granduca di Toscana Ferdinando I fece costruire, affidandone il progetto all’architetto di corte Bernardo Buontalenti (1596) in ideale posizione panoramica la villa che da lui prende il nome (chiamata pure dei “cento camini” per via di una serie di comignoli di forme e fogge volutamente diversificate).

La dimora si caratterizza all’esterno per la sua eleganza ed apparente semplicità con lo scenografico scalone di accesso a doppia rampa (portato a termine,su disegno originale del Buontalenti, solo nel 1930 dalla Contessa Carolina Maraini) gli avancorpi angolari, i profili dentati dei quattro spigoli e la loggia anteriore a filo di facciata che le conferiscono un tono inconfondibile, proprio del Rinascimento.

All’interno la Villa dispone di cinquantasei sale articolate in uno stravagante percorso : dopo la sala d’ingresso , il vasto salone dell’orso è preceduto da una raffinata cappelina , le sale di Cristina di Lorena e il grazioso ¨ricetto del poggiolo¨, decoratissimo stanzino da bagno.

Gli affreschi della Cappella e della loggetta a ponente sono opera di Domenico Crespi , detto il Passignano.
Passata ai Lorena e quindi alla famiglia Maraini, la villa è ora di proprietà di una Società privata che vi ospita convegni, cerimonie, congressi e manifestazioni di carattere culturale.

A sud di Artimino

Appena fuori dell’abitato di Artimino sorge la pieve di San Leonardo, isolata nel verde. Documentata dal 998, la chiesa non ha subito trasformazioni sostanziali (oltre al radicale ripristino del 1964-71), e conserva – unica nel territorio pratese – una unitaria struttura preromanica, collocabile nella seconda metà del X secolo.

Una loggia cinquecentesca si addossa alla facciata basilicale, caratterizzata dall’imponente arco cieco a pieno centro che segna la navata centrale, opera di maestranze lombarde; sotto il loggiato e il campanile erano inserite urne cinerarie etrusche, sostituite da calchi (gli originali sono nel Museo Archeologico).

Al fianco sinistro con filaretto di arenaria appena sbozzata, dalle calde sfumature ocra-rosse, si addossa l’imponente campanile a torre; ma la parte più suggestiva è quella posteriore, di ispirazione longobardo-ravennate nelle tre belle absidi; la maggiore ha un originale coronamento con nicchie “a fornice” che creano ombre profonde.

L’interno ha navate divise da pilastri quadrangolari e archeggiature a pieno centro con ghiera arretrata; le navate sono coperte da crociere con costoloni, della prima metà del ‘300. I due altari in controfacciata ospitano interessanti statue lignee: a destra S. Antonio Abate (del primo quarto del ‘500), di bottega robbiana, e all’opposto San Leonardo, di raffinata esecuzione, vicino a Domenico di Niccolò “dei Cori”, dei primi del ‘400; altra opera di notevole qualità è una replica dal Franciabigio (la Madonna del Pozzo, 1518 circa) in terracotta policroma, vicina a Giovanni della Robbia, mentre l’abside centrale ospita una vivace tavola col Crocifisso tra San Lorenzo e Raffaele con Tobiolo, opera del 1560 circa. Nell’abside sinistra, infine, restano alcuni affreschi (notevole è un Cristo benedicente, del 1430 circa, vicino ad Andrea di Giusto).

Dipendente dalla pieve di Artimino e storicamente legata al suo territorio è la vicina, bella abbazia di San Martino in Campo (220 m), fondata dai benedettini nell’XI secolo e quasi totalmente rifatta a metà del secolo successivo, dopo un crollo. In origine era dotata di un raro campanile cilindrico di gusto lombardo-ravennate, mentre il rifacimento, in particolare l’abside, si ispira a prototipi pisani.
Sotto la villa medicea di Artimino, sulla strada che scende a Poggio alla Malva, vi è l’accesso (solo con guida) agli scavi della necropoli di Prato di Rosello, con bel sentiero tra boschi e prati.

Nell’abitato di Poggio alla Malva (96 m), che si è sviluppato dal XVI secolo, la chiesa di Santo Stefano fu ampliata intorno al 1741 (quando ereditò il titolo dell’antica parrocchiale delle Busche, poco sopra l’Arno, ormai ridotto a rudere); in quegli anni fu costruito il campanile a torre. Sulle pareti della chiesa sono posti tre affreschi staccati dalla chiesa delle Busche, opera di pittori del primo ‘400; dalla stessa chiesa proviene un interessante tavola di Neri di Bicci con la Madonna, il Bambino e quattro Santi (1475-85), posta su un altare laterale; nell’opposto troviamo una bella Lapidazione di Santo Stefano di Cesare Dandini. Nel presbiterio, ristrutturato nel ‘700, l’altare maggiore conserva un Crocifisso ligneo del XVI secolo.

Da Seano a Bacchereto

Seano, di notevole sviluppo recente, ha origini remote: dal X secolo vi sorgevano una corte e una pieve, decadute dal 1100 per lo sviluppo di Carmignano e Bacchereto. Seano rimase comunque florido centro agricolo e artigiano, e per la posizione favorevole divenne la frazione più popolosa del comune di Carmignano.

La chiesa di San Pietro, ha un prospetto segnato da un rifacimento neoromanico (1928), ma il paramento in arenaria della zona inferiore risale al XII-XIII secolo e prosegue nella zona posteriore, dalla quale spunta l’originale campanile a torre ottocentesco. Nella vasta aula, ornata da monocromi con Apostoli (B. Valiani, 1836 circa), l’altare maggiore conserva un venerato Crocifisso, di alta qualità, della prima metà del ‘400: la figura, tesa nello spasimo del trapasso, esprime nel nobile volto una sofferente dolcezza; contigua è una mostra di tabernacolo (1430-50) che si ispira a Michelozzo e Ghiberti. L’oratorio della Compagnia del Corpo di Cristo ha sull’altare un dipinto di Domenico Frilli Croci con l’Assunta (1617). Nei pressi di Seano, lungo il torrente Furba, nel 1988 venne realizzato il pregevole Parco-Museo “Quinto Martini”, artista nato a Seano nel 1908.

Dalla via Baccheretana si risale fino alla fattoria e villa di Capezzana, antica casa “da signore” (forse nata su un insediamento agricolo documentato nell’804) ricostruita nel ‘500 dai Medici. Il complesso si articola intorno ad un ampio cortile; a destra dell’ingresso vi è l’edificio padronale (davanti al quale si ergono quattro grandi statue settecentesche con Atlanti, dalla Villa Reale di Monza), con sereno prospetto cinquecentesco a tre piani, scandito da assi regolari di aperture.

Poco oltre la villa, sul verde della campagna risalta il chiaro paramento in alberese del duecentesco oratorio di San Iacopo, chiesa parrocchiale fino al 1571, ripristinato intorno al 1920 rifacendo la parte superiore delle pareti e il campanile; ben conservata è la zona absidale.

Ripresa la via Baccheretana, lungo il torrente Furba, si raggiunge l’abitato di Bacchereto, che si è sviluppato ai piedi del castello. Da piazza Verdi (dove sorse un antico spedale) inizia l’erta salita che conduce alla pieve di Santa Maria Assunta, in posizione dominante; una modesta facciata intonacata la unifica alla compagnia, mentre dalla zona posteriore emerge la mole merlata del campanile-torre, unico resto della cinta muraria del castello.

La veste classicheggiante degli interni si deve a interventi del 1835-40, con controsoffitti decorati dal Valinani. Nel presbiterio, introdotto da una serliana su colonne ioniche, vi è un tabernacolino in pietra serena del primo ‘500. La contigua Compagnia del Corpo di Cristo ha sull’altare una bella tela con l’Istituzione dell’Eucarestia, copia antica da Federico Barocci (1607).

Prima dell’abitato, una strada risale le pendici del Cupolino e conduce a villa Banci, la fattoria di Bacchereto, ristrutturata nel tardo ‘800, ma di formazione rinascimentale. La villa si articola su tre lati di una cortile, sul quale prospetta, al centro, un corpo tardo quattrocentesco; interessante è anche il prospetto verso la valle, con loggetta angolare.

Oltre il paese si raggiunge Casa Toia, solida costruzione tre-quattrocentesca dove secondo la tradizione abitò Lucia di Zoso, nonna materna di Leonardo Da Vinci. Lungo la strada per Seano, a circa un chilometro dal paese, si conserva l’unico esempio residuo di fornace da ceramisti, la cui struttura, benché modificata, risale al XVI secolo.

Il Parco-Museo “Quinto Martini”

Il Parco-Museo è situato in un’ampia area verde in prossimità di Seano, tra le colline del Montalbano.

Inaugurato nel 1988 e progettato dall’architetto Ettore Chelazzi, il parco museo raccoglie 36 statue in bronzo, donate dallo stesso artista, sistemate tra grandi aiuole a prato e viali in ghiaia.Il concetto di ¨spazio-aperto alla collettivitਠcon il quale è stato realizzato il parco rappresenta una soluzione innovativa di notevole interesse per una pianificazione urbana.

Le opere della collezione documentano di quasi un sessantennio di attività di Quinto Martini, nato a Seano nel 1908 e scomparso nel 1990. Principalmente scultore e pittore, introdotto all’arte da Ardengo Soffici, del quale fu prima allievo e poi amico, nel 1927 espose alla prima collettiva, insieme a Morandi, Rosai, Soffici, Maccari. Fu presente alla Biennale di Venezia nel 1934, mentre nel 1943 vi allestì una mostra personale.

La Via Carmignanese

La Via Carmignanese conduce ai piedi della collinetta di Montalbiolo, piccolo abitato che dal XII secolo al 1843 fece parte del distretto di Prato. La chiesa di San Lorenzo conserva la muratura in arenaria del XII secolo e il campanile a torre sorge sulla zona sinistra dell’originario transetto, poi trasformato. All’interno l’altare maggiore accoglie una bella tela con una Madonna col Bambino e otto Santi del ‘600, attribuita a Simone Pignoni, mentre un altare laterale, mentre una altare laterale, vicino ad un imponente confessionale in pietra serena (1732), incornicia un originale tavola con San Lorenzo (1605) di Giovanni Bizzelli.

Ai piedi del colle di Montalbiolo vi sono i due complessi di Fuccioli, dal nome del pistoiese Vanni Fucci (ricordato da Dante nel Canto XXIV, 121-126: Lo duca il domandò poi chi ello era; – per ch’ei rispuose: «Io piovvi di Toscana, – poco tempo è, in questa gola fiera. – Vita bestial mi piacque e non umana, – sì come a mul ch’i’ fui; son Vanni Fucci – bestia, e Pistoia mi fu degna tana») che qui abitò nel 1286-87; quello a monte conserva struttura medievale. Sul colle vi è Villa la Torre, sorta forse sull’antico “Podio” di Prato, cioè il complesso dove i lavoratori di terre date in concessione da Prato erano tenuti ad abitare.

La Via Carmignanese prosegue in lenta discesa e raggiunge sulla destra La Serra, abitato di recente sviluppo. Villa la Serra, molto trasformata ma di struttura cinquecentesca, ha una vasto salone centrale passante, sul quale si affacciano le stanze.

Proseguendo in una zona dolcemente ondulata, si lascia in basso la bella casa Boschetti, con due corpi rialzati sui lati, e si segue, sulla sinistra, via Macìa fino alla villa-fattoria delle Farnete, residenza trecentesca dei Mazzinghi, molto trasformata nel Sette-Ottocento. Nella cappella oltre la strada sono collocati interessanti affreschi della bottega di Domenico Ghirlandaio, staccati da un oratorio di Campi.

Contigua, dopo via di Calcinaia, vi è la villa-fattoria delle Falene, modesto possesso dei Medici, trasformato in villa nel ‘700 e ristrutturato nel XX secolo. Su via di Calcinaia, che separa le due ville, prospetta la piccola, proporzionata villa la Loggia, del ‘500; quasi difronte vi è un oratorio costruito nel 1702 sulle misure della Santa Casa di Loreto e perciò detto il Loretino.

La contigua villa del Loretino, ben protetta da un parco alberato, conserva aspetto cinquecentesco, con ampia facciata arricchita da una torretta centrale e piccola loggia. Dalla villa una strada privata porta verso Comeana, toccando l’elegante villa la Sughera, caratterizzata dall’ampia loggia tuscanica che occupa l’intero piano nobile, e dal portico terreno fiancheggiato da finestre inginocchiate.

Comeana, nota per la lavorazione dell’arenaria, ha avuto sviluppo abbastanza tardo, ma fu frequentata dagli Etruschi. Di fianco al cimitero e sulla via Montefortini vi sono resti di tumuli etruschi. A breve distanza, su un piccolo rilievo, troviamo la cinquecentesca villa-fattoria di Calabria (il cui nome deriva di eretici patarini fuggiti dalla Calabria).

La chiesa di San Michele esiste dal XIII secolo, ha modesta facciata con coronamento curvilineo; il classicheggiante campanile a torre (1812) la separa dalla compagnia del SS Sacramento. La chiesa conserva all’interno le forme neocinquecentesche assunte coi lavori del tardo ‘800; nel contiguo oratorio, con veste tardo-settecentesca, vi è una tale con una articolata Ultima Cena dei primi del ‘600, attribuibile a Cosimo Lotti.

Nell’oratorio si conservano i costumi dell’ormai secolare processione del Morto Redentore, che si svolge la sera del Giovedì Santo, sacra rappresentazione dei misteri della Passione. Sopra la strada per Artimino, in una bella zona a vigneti, superato il rio Elzana, appare villa il Vivaio, su un vasto podio bastionato; dal robusto corpo principale della villa, di aspetto tardo, emerge nettamente una torre medievale, trasformata in belvedere.

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