Lamporecchio

In provincia di Pistoia, è collocato tra due gioielli naturali della Toscana: il Padule di Fucecchio e le dolci colline del Montalbano.
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In provincia di Pistoia, è collocato tra due gioielli naturali della Toscana: il Padule di Fucecchio e le dolci colline del Montalbano. Si trova in una felice posizione centrale: da Lamporecchio si possono raggiungere facilmente località e città particolarmente attraenti: Vinci, Montecatini Terme, Pistoia, Lucca, Firenze e Pisa. Lo svariare argentato delle chiome degli olivi e la calda gamma cromatica dei vigneti, presenti sia lungo i terrazzamenti collinari sia nella zona pianeggiante, costituiscono i colori più tipici e rappresentativi di un paesaggio e di un ambiente ancora in buona parte circondato dal verde delle colline di Montalbano e lambito dalle propaggini orientali della Valdinievole.

La parte più antica del paese con i borghi medioevali, le torri, le suggestive chiese, semplici e lineari, che invitano al raccoglimento ed alla preghiera è dislocata sulle pendici del Montalbano, mentre nella zona pianeggiante si è andato sviluppando, soprattutto a partire dagli inizi di questo secolo, il paese nella sua parte più moderna, che si allunga a fianco della strada provinciale che prosegue per Empoli.

Storia di Lamporecchio

Paese moderno, Lamporecchio, ma con le radici ben piantate in un passato del quale sono ancora ben presenti numerose testimonianze nella zona collinare, fu abitato fin dall’età romana, come risulta evidente dall’analisi dei toponimi (Giugnano, Papiano, Porciano, Orbignano…), dai tipici suffissi prediali. Se di questa lontana età è rimasto pressoché niente, come concreta documentazione storica, le testimonianze del periodo medioevale sono invece numerose e significative: dalla torre del Vitoni a Collececioli alle torri di Porciano fino alle chiese, semplici e suggestive, di Orbignano, Porciano e San Baronto.

La chiesa di Santa Maria Assunta a Orbignano conserva al suo interno numerose testimonianze artistiche: estesi frammenti di affreschi del XIII e XIV secolo, di scuola pistoiese, un raffinato bassorilievo in marmo bianco raffigurante la “Madonna con il Bambino”, di scuola donatelliana, una statua in legno di quercia del XIV secolo vivacemente dipinta, che rappresenta la Madonna del Pruno, particolarmente cara alla popolazione di Orbignano.

A Porciano risaltano, su uno sfondo paesaggistico davvero notevole, le due torri e l’antica chiesa di San Giorgio, risalente al XIII secolo. L’edificio sacro, piccolo e raccolto, ha un bel soffitto in capriate lignee ed è come una sorta di scrigno, al cui interno sono racchiuse importanti opere d’arte. Da segnalare l’armonioso dipinto cinquecentesco collocato sull’altare destro, realizzato da Gerino da Pistoia, in cui sono presentati “La Madonna con il Bambino tra Sant’Antonio Abate e San Nicola di Bari”.

La chiesa di San Baronto, minata e fatta saltare in aria sul finire della seconda guerra mondiale, è stata sapientemente ricostruita, utilizzando, per quanto possibile, il materiale originale e rifacendosi al modello dell’edificio precedente dalle semplici, essenziali forme romaniche. Antica e suggestiva la cripta sorretta da una selva di colonnine dai capitelli preromanici risalenti probabilmente al IX secolo, ed al cui interno si trova il sepolcro in marmo bianco e verde in cui, secondo la tradizione, sarebbero stati sepolti i Santi fondatori, Baronto e Desiderio.

A testimonianza dei periodi storici successivi ricordiamo la pala robbiana nella chiesa di Santo Stefano, realizzata fra il 1524 ed il 1525 da Giovanni Della Robbia e da artisti della sua scuola, come segno di ringraziamento degli abitanti di Lamporecchio verso la Vergine Maria per essere scampati ad un’epidemia di peste.

Territorio

Da sempre terra generosa nei suoi frutti naturali, Lamporecchio può vantare vino ed olio di qualità eccellente. Rinomato ed apprezzato fin dall’antichità, Lamporecchio è cantato da Francesco Redi, scienziato e letterato del 600, nel suo “Bacco in Toscana”, in cui elogia il vino prodotto in queste terre, parlando di “Topazio pigiato in Lamporecchio“. L’olio del Montalbano, dal gusto e dal colore tipici, è prodotto con cura artigianale a partire da olive selezionate, raccolte negli oliveti del Montalbano che sono composti da quelle varietà colturali di olivo tipiche della Toscana: leccio, moraiolo, frantoio. E infine, dulcis in fundo, il brigidino.

Questo piccolo dolce croccante, questo “trastullo speciale”, come l’ebbe a definire l’autore Artusi nel suo celebre volume “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” (1891), dalla forma, dal colore e dal gusto estremamente tipici ed originali, è davvero l’elemento che contraddistingue Lamporecchio. E’ un’emblema insomma, tanto che, se si sente parlare di Lamporecchio, subito immediatamente, si pensa a quei particolari dolci: piccole e fragranti cialde dorate fatte essenzialmente di uova, zucchero, anice e farina “quanto basta” (per usare la terminologia tanto cara ai libri di ricette). Sul loro nome “brigidini”, sono state fatte varie ipotesi, ma sembra, in maniera abbastanza fondata, che esso derivi dalle “brigidine”, ossia dalle monache di un convento locale, devote di Santa Brigida, grande Santa svedese del XIV secolo, instancabile viaggiatrice, religiosissima pellegrina che venne diverse volte anche in Toscana. Queste monache, tradizionalmente preposte alla preparazione delle ostie per le Comunioni; inventarono verso la metà del XVI secolo la ricetta di questi dolci che, non a caso, avevano la forma delle ostie e che venivano fatte schiacciando la pasta fra apposite lastre di ferro arroventate, di forma circolare.

Il successo di questi dolci di origine monastica fu ben presto davvero grande. Piacquero molto e si diffusero un po’ in tutta l’area pistoiese, trovando però in Lamporecchio il loro luogo d’elezione: “tutti i brigidini son di Lamporecchio“, sentenzia appunto, un po’ perentorio, un vecchio proverbio toscano. E come dargli torto? Quando tutto era più semplice, meno complicato ed elaborato, meno artificiale ed artificioso, i brigidini erano i dolci poveri, i “chicchi” umili ma “di sostanza” che andavano a deliziare, insieme ai torroni, alle collane di nocciole, ai croccanti, agli ancor più mitici, leggendari “mangiaebevi”, tutte le fiere, le sagre paesane e le feste patronali. Venivano trasportati nei caratteristici corbelli che in un primo momento erano di vimini, ricoperti al loro interno di carta cerata; poi i corbelli divennero zinco, per permettere di mantenere i brigidini croccanti e profumati per un buon periodo di tempo.

Pieve di S. Stefano

Costruzione in stile neorinascimentale, edificata su disegno dell’architetto Bernardini fra il 1900 e il 1921, nel punto occupato da una chiesa del XIV secolo, di dimensioni più ridotte (cui è pertinente il basso campanile, sulla destra, con merlatura e copertura a cuspide) che a sua volta aveva sostituito l’antica pieve castellana (plebs de Sancto Stephano de Cerbaria, già ricordata nel diploma di Ottone III del 25 febbraio 998), posta più a monte; la facciata invece venne eretta in un secondo tempo, fra il 1940 e il 1942. La pieve fu elevata a prepositura dal vescovo Debernardi il 3 aprile del 1937.

Monumentale l’impianto a tre navate, transetto e cupola impostata sulla crociera. All’interno numerose sono le opere degne di attenzione: sull’altare della testata destra del transetto vi è la pala in terracotta policroma e invetriata della Visitazione, da attribuire a Giovanni della Robbia o alla sua bottega, troviamo pure figure della Vergine e di S. Elisabetta, di S. Sebastiano, di S. Rocco, la colomba dello Spirito Santo e di due angeli, S. Stefano, S. Pietro, S. Paolo e S. Giovanni Battista, l’Annunciazione, ed il Redentore tra due angeli adoranti. Della precedente chiesa si conservano alcuni altari in pietra serena, in uno, il secondo della navata destra recante lo stemma Rospigliosi; troviamo un Crocifisso ligneo del seicento, la nicchia del fonte battesimale decorata da stucchi di gusto rococò. Possiamo ammirare alcuni dipinti: Cristo crocifisso tra i santi Jacopo, Gerolamo, Antonio Abate e Francesco (II metà del 600), Madonna con Bambino e i SS. Francesco, Stefano, Giovanni Evangelista e Lucia (I metà del ‘700); in sagrestia vi è un lavabo in pietra serena a frontone triangolare del 1536.

Adiacente alla Chiesa, sulla destra c’è la Compagnia, la cui abside conserva un piacevole ciclo di affreschi del XVIII secolo, costituito dalle allegorie in monocromo della Carità e della Fede, dalle figure della Vergine, di S. Giovanni Battista e S. Giovanni Evangelista, e dalle scene dei supplizi dei due santi. Alla parete destra è murata una lapide in marmo, “memoria” della cresima impartita nella chiesa di Lamporecchio da Giulio Rospigliosi nel 1653, prima di diventare papa Clemente IX, di ritorno dalla Spagna dove era stato ambasciatore, si era fermato nella vicina proprietà familiare di Spicchio.

Villa Rospigliosi

A Spicchio, località posta appena sopra Lamporecchio, in direzione di S. Baronto, troviamo Villa Rospigliosi. La famiglia Rospigliosi, originaria di Milano, giunse nella zona intorno al 1215 ed iniziò a possedere alcune proprietà, che, col passare degli anni, aumentarono sempre di più. La villa fu fatta costruire da Giulio Rospigliosi (Papa Clemente IX) negli anni del suo pontificato (1667/1669), ma i lavori finirono dopo la sua morte, intorno al 1675. La villa è rimasta di proprietà dei Rospigliosi fino agli anni trenta del XX secolo, dopodiché passò ad una società immobiliare; oggi il complesso è in gestione ad un gruppo di albergatori, i quali usano i locali per cerimonie, congressi e convegni. Il disegno della villa è da attribuire al Bernini, ed i lavori furono seguiti dal suo allievo più fedele e rappresentativo, Mattia de Rossi. La villa ancor oggi è nella sua integrità originaria, solo se si eccettua la sostituzione, avvenuta nel 1793, della balaustrata con statue a coronamento del corpo centrale con l’attuale tetto a padiglione; come pure la tamponatura, nel 1829 di 14 finestre sostituite da altrettante finte persiane. La struttura è a forma di tre parallelepipedi: una centrale, più alto e due laterali, su tre piani.

L’accesso alla villa è dal paese di Spicchio, ma quello principale è da Lamporecchio, ed è formato da un lungo viale composto da vegetazione di lecci secolari, cerri, cipressi, pini marittimi ed enormi pini domestici. Arrivati in cima ci troviamo davanti a due portoni in pietra sormontati dallo stemma papale in marmo. L’interno è formato da ampi saloni tutti affrescati. L’ampio giardino della villa è caratterizzato da un vasto prato con al centro una vasca. Davanti alla villa sorge la cappella gentilizia, dedicata ai SS. Simone e Giuda, portata a termine nel 1679, su disegno di Mattia de Rossi. Si tratta di un vano ellittico incluso in un rettangolo e preceduto da un pronao a timpano triangolare. La decorazione ad affresco nella cupola è da attribuire ad Alessandro Gherardini e rappresenta S. Simone, S. Michele Arcangelo, l’Angelo custode e la Trinità; inoltre ci sono busti degli apostoli Pietro, Paolo, Giacomo e Giovanni con i medaglioni con storie di santi; sopra l’altare maggiore si trova una Immacolata, statua in marmo di Francesco pozzi. La villa ed il parco sono visitabili previa prenotazione (0573/803432).

Porciano e Papiano

Sempre nel comune di Lamporecchio, sulla strada che da S. Baronto conduce a Vinci troviamo due splendidi borghi. Partendo da S. Baronto, il primo che troviamo è Papiano, dove di importante c’è la villa di Papiano, chiamata “Dell’Americana”, in quanto era stata proprietaria nel 1800 una signora americana. Nel 1500 era appartenuta ai Torrigiani e la villa si ispira a formule architettoniche rinascimentali (ad esempio i loggiati ad archi a tutto sesto); da ricordare che all’inizio del ‘900 vi era ospitata una scuola di ricamo per le ragazze del posto.

Nei secoli passati, posto in uno stretto fondovalle sul fiume Rimaggio, si trovava un molino, sviluppato su tre livelli, accessibili da scale, oggi adibito a rimessa agricola. Continuando il percorso verso Vinci, troviamo Porciano, il cui paese si è sviluppato intorno alle due torri, assegnabili alla prima metà del XIII secolo, è probabile che facessero parte, insieme a quella di Colleccioli e al castello di Montefiore, di un organico sistema difensivo a guardia delle sottostanti strade di collegamento fra i due versanti del Montalbano.

Fiera estiva di Lamporecchio e Sagra del Brigidino

Al brigidino è giustamente dedicata una sagra, che si svolge durante l’annuale Fiera estiva di Lamporecchio che, non a caso, si chiama “Fiera d’Agosto e Sagra del brigidino”. Un appuntamento annuale con il divertimento, la musica, i giochi, gli spettacoli e che costituisce la naturale evoluzione di un’assai più antica fiera, quella del bestiame, che era particolarmente significativa ed importante quando il paese si sosteneva essenzialmente, sotto il profilo economico, con le tradizionali attività del lavoro dei campi e dell’allevamento.

Attualmente la fiera, che si svolge nella via centrale del paese il primo martedì di Agosto ed il mercoledì immediatamente successivo (con il cosidetto “fierino”), rappresenta una gioiosa coloratissima occasione di divertimento, mantenendo inalterata negli anni una forte capacità di “attrazione” anche nei confronti dei paesi vicini .

Dove dormire a Lamporecchio

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