Massarosa

Massarosa si estende tra le estreme pendici delle Alpi Apuane e la costa della Versilia
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Tra le estreme pendici delle Alpi Apuane e le coste della Versilia si estende il territorio del Comune di Massarosa. Attraversato dalla Strada Statale n. 439 Sarzanese-Valdera e dalla bretella Lucca-Viareggio dell’Autostrada A11, al limite basso dei colli, dove oggi, vicino ai vecchi paesi, fioriscono industrie e nuovi centri abitati, custodisce nell’argento degli olivi eccezionali zone panoramiche, come Mommio Castello, Corsanico, Bargecchia, i valichi del Quiesa, della via di Balbano, della Pieve a Elici e le sommità di Gualdo e di Montigiano.

Di rara e squisita bellezza sono anche le “fosse” e gli isolotti palustri del Lago di Massaciuccoli, legati ai ricordi della musica pucciniana. È questo un ambiente naturale sufficientemente tutelato, (la sua area è inserita nel Parco Naturale di Migliarino, San Rossore e, appunto, Massaciuccoli, una zona acquitrinosa, ricca di flora, con alcune specie veramente rare, se non uniche, che si possono ammirare percorrendo i cosiddetti “chiari” a bordo di caratteristici barchini a remi. Su concessione del Consorzio del Parco Naturale, una delegazione della L.I.P.U. (Lega Italiana per la Protezione degli Uccelli) ha realizzato un’oasi bird-watching. In quest’eccezionale ambiente, la più remota presenza dell’uomo è testimoniata da reperti archeologici, rinvenuti in località San Rocchino dall’escavazione delle sabbie silicee e che risalgono al paleolitico medio; l’area non è esposta, né fruibile per visite culturali.

Altra zona di reperti preistorici è costituita dalle Grotte di Mommio, mentre il materiale scoperto a Campo Casali ed a Montramito fornisce una valida prova di stanziamenti liguri del VII secolo e di Etruschi nei secoli successivi. Il fiore all’occhiello delle vestigia storiche è la frazione di Massaciuccoli, dove l’epoca romana ha lasciato imponenti tracce che si possono ammirare ancora oggi; si trovano, infatti, i ruderi delle Terme e della Villa, oltre a documenti ceramici che vanno dal II secolo a.C. al III secolo d.C. e che sono conservati nel locale Museo Civico situato tra i resti della Villa romana e le Terme. Da ricordare che uomini illustri come D’Annunzio, D’Azeglio, Giusti, Manzoni, Pea, Rosmini, oltre al maestro Giacomo Puccini, soggiornarono su questa terra massarosese cantandone spesso l’armoniosa bellezza.

Chiesa romanica di S. Martino di Bargecchia

La chiesa romanica di S. Martino di Bargecchia è stata costruita agli inizi del 1200. Le prime notizie sicure esistono dal 1234, nei cataloghi ufficiali viene nominata solo nel 1260. Realizzata in pietra scoperta si può osservare perfettamente conservato il lato di ponente e i muri che abbracciano l’abside demolita da tempo. Il pavimento della chiesa è situato a due metri e mezzo sotto quello attuale. La chiesa misura mt.5,90 di larghezza e mt. 17,70 di lunghezza. Lo stile quello romanico con l’altare e l’abside ad oriente, il soffitto era di legno scoperto posato sopra una cornice di cotto. La porta principale guardava a occidente ed era sormontata da una piccola finestra circolare. La chiesa era ricoperta di piastre secondo l’uso del tempo. Le quattro campane, di svariate dimensioni, furono consegnate al paese nel 1885. Si narra che il maestro Giacomo Puccini venisse spesso a Bargecchia per ascoltare la meravigliosa melodia delle campane, che fu riproposta fedelmente alla fine del primo atto della Tosca. Da secoli le campane sono state il mezzo più veloce di comunicazione per le generazioni passate. Sicuramente legate alla fede, ma sempre al servizio della gente. Le campane annunciavano i grandi eventi, l’inizio di una guerra, la sua fine, i pericoli, le invasioni, scandivano le ore e mettevano in allarme per la tempesta. Oggigiorno, il suono delle campane è stato registrato e divulgato da altoparlanti che non riproducono quello originale.

La chiesa attuale

In un documento del 1690 si comincia a parlare di costruire la nuova chiesa perché la vecchia necessita di riparazioni. Non esistono progetti e verbali, registri o libri di archivio che dimostrino con precisione l’inizio della costruzione della nuova chiesa, ma una lettera del 1840 del governatore della Regia marina e Commissario della città di Viareggio invita adunanza i capi di famiglia per discutere l’ingrandimento della chiesa e un foglio del 1842 con le entrate e le spese per la costruzione della chiesa fanno pensare che nell’arco di quel decennio siano iniziati i lavori. Al suo interno si possono ammirare polittici del XIV e XV secolo, grandi quadri, marmi e argenti del 1500, interessanti opere lignee e pregevolissimi lampioni processionali del 1700.

Chiesa di S. Michele Arcangelo di Corsanico

Dell’antica costruzione del 1270 rimane solo il campanile, ritenuto monumento nazionale, mentre la chiesa è moderna essendo stata riedificata nel 1848. L’importanza che la chiesa di Corsanico ebbe nei secoli passati è avvalorata dall’esistenza di un antichissimo fonte battesimale. Non ci sono documenti anteriori al 16° secolo, perché molti furono asportati o smarriti al tempo della calata di Carlo VIII ( 1494 ), ed i pochi rimasti andarono distrutti in seguito ad un incendio sviluppatosi nell’Archivio Parrocchiale per la caduta di un fulmine. Dai registri che ancora si conservano, riferentesi ai secoli successivi, risulta che di esso si servirono ininterrottamente Viareggio fino al 1661, Stiava fino al 1823, Pedona fino al 1841, Bargecchia fino al 1905 e Mommio fino al 1939. E’ di data recente, e precisamente dell’anno 1946 , l’elevazione di questa insigne chiesa al titolo e all’onore di Pieve, degno riconoscimento della sua antica signoria spirituale. Una benefica istituzione anch’essa di antichissima origine e che merita un cenno particolare è la Confraternita di San Michele Arcangelo, sorta a Corsanico nel XV secolo.

Nel 1807 tutti i beni mobili ed immobili della Confraternita vennero indemaniati in virtù del decreto napoleonico che ordinava la soppressione degli istituti e delle comparazioni religiose, e la confisca dei loro patrimoni. L’organo della Pieve non era nato per chiesa di Corsanico, ma era stato costruito, tra il 1602 e il 1606, per la chiesa di San Francesco di Lucca. Opera dell’organaro veneziano Vincenzo Colonna, costò la ragguardevole cifra di 380 scudi d’oro. Le cronache del tempo ci informano, sui numerosi interventi e spostamenti subiti dallo strumento nel corso dei secoli, fino al suo definitivo collocamento nella chiesa di Corsanico (1886). Oggi dunque l’organo è formato da 829 canne ( timpano escluso) da cui è costituita la parte sonora dell’organo, 225 sono settecentesche, 82 secentesche, 556 ottocentesche e 29 del 1881, anno dell’ultimo restauro. Le caratteristiche tecniche e foniche di questo strumento sono catalogate fra le opere d’arte del Ministero dei Beni Culturali. I primi concerti vennero svolti nel 1982, e a partire dal 1984 puntualmente ogni estate, si sono succeduti alla tastiera organisti di fama internazionale come ad esempio : Mariella Mochi, Yuko Hayashi ( Giappone), William Porter ( Usa), ect.

La chiesa romanica di Pieve a Elici

L’origine di questa Pieve, che fu uno dei primi centri di evangelizzazione della Lucchesia, è avvolta nelle tenebre dell’alto Medioevo; stando alla tradizione sarebbe una delle Pievi fondate tra il V e il VI secolo da San Frediano, vescovo di Lucca, durante la sua vasta opera di riordinamento della chiesa Lucchese.
Col passare degli anni l’importanza della Pieve andò sempre più aumentando.
La chiesa del X, XI e XII secolo non era ancora quel gioiello architettonico che oggi noi ammiriamo.

Allora la Pieve era costituita da quattro nude pareti, senza navate, con l’absidiola volta a levante, e la tettoia a capriate coperta di lavagne. Di questa primitiva costruzione, distrutta una prima volta dalle incursioni militari più che dall’incuria degli uomini, e riedificata per volontà della contessa Matilde di Canossa, nient’altro rimane all’infuori di un piccolo tratto della parete che chiudeva la chiesa dal lato di tramontana.
L’ampliamento avvenne più tardi, probabilmente nella seconda metà del XIII secolo, quando la Pieve crebbe di importanza e l’oratorio non riusciva a soddisfare le esigenze della aumentata popolazione.

La rinnovata Pieve assumeva un aspetto decoroso e austero, quale si confaceva al tempio di Dio, e tale si mantenne fino ai primi del XVIII secolo.
I restauri compiuti all’inizio del nostro secolo liberarono la chiesa dalle deturpazioni che il cattivo Augusto e l’ignoranza le avevano causato, sicché oggi noi possiamo ammirare l’antica opera restituita in tutta la sua primitiva bellezza e austerità.

Il visitatore che ne varchi la soglia, non può sottrarsi all’arcano fascino che si sprigiona dalle navate di questo Tempio.
Per quanto nessuna precisa notizia si possegga dal costruttore che ideò la rinnovata Pieve , la mancanza di fregi ornamentali negli architravi, nei capitelli, nelle mensole, è una caratteristica propria della scuola lombarda.

Di questa schietta semplicità stilistica, di questa voluta parsimonia è prova pure il Fonte Battesimale a immersione, ricostruito con il vecchio materiale sul suo originale tracciato: nella vasca rettangolare, venivano battezzati non solo gli abitanti del posto e delle zone limitrofe, ma anche quelli della sottostante pianura, compresa Viareggio, quando questa città era ancora un piccolo, squallido borgo di umili e poveri pescatori.
Un magnifico Trittico in marmo spicca in fondo alla navata mediana ,al disopra dell’altare maggiore.
Le figure del Trittico rappresentano una Madonna con Bambino al centro, San Pantaleone a destra e San Giovanni Battista a sinistra. Gli altari laterali sono sormontati da due magnifici affreschi: una Madonna con Bambino ed una crocifissione, che risalgono rispettivamente al XIII e al XVII secolo.
Il primo, opera di chiara fattura romanica, è uno dei pochissimi affreschi, tutt’ora esistenti, della fine del XIII secolo, l’altro, un autentico capolavoro, attribuito a Guido Reni.
Importante è anche il campanile con i suoi merli Ghibellini, venne eretto nel secolo IX come torre di guardia e di avvistamento.

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