Si dice che nell’antico Castello di Sammezzano, il quale occupava l’area dove sorge ora la Villa, sostò nel 780 Carlo Magno, con la giovane moglie e il figlio, dopo aver incontrato a Roma il papa Adriano I ed aver deposto il re longobardo Desiderio, che lo seguiva prigioniero.
Molti secoli più tardi il castello appartenne alla famiglia fiorentina dei Gualtierotti, che l’avrebbe conservato fino al 1488; passò poi tra le proprietà di Bindo Altoviti e poi tra quelle di Giovanni Jacopo de’ Medici, marchese di Marignano.
Nel 1564 il Granduca Cosimo I creò la cosiddetta bandita di Sammezzano (un vasto territorio corrispondente a buona parte dell’attuale territorio del comune di Reggello, nel quale non era consentito pescare o cacciare senza permessi), che donò al figlio Ferdinando, futuro Granduca. Alla fattoria pertineva anche una selva faggiata, detta la “Comunanza di Sammezzano”, situata nella zona di Macinaia, nei pressi dell‘abbazia di Vallombrosa.
Il castello-villa di Sammezzano fu acquistato nel 1605 dagli Ximenes d’Aragona e passò in eredità nel 1816 ai Panciatichi. All’opera di Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, nella duplice veste di committente ed architetto, si deve l’aspetto attuale del complesso. La prima testimonianza degli interventi neomoreschi condotti da Ferdinando è del 1853.
Al 1863 risale la costruzione della Sala Bianca e al 1870 l’esecuzione della Galleria fra la Sala degli Specchi e l’ottagono del Fumoir. Il crescendo delle realizzazioni riguardava poi le Sale dei Pavoni, dei Gigli, delle Stalattiti, dei Bacili spagnoli, degli Amanti. In questi spazi ampi e concatenati, gremiti di nicchie, di angoli nascosti, di aperture, di affacciamenti in quota, di filari di colonne, di percorsi quasi labirintici, esplodeva la fantasia di un inesauribile campionario di capitelli, peducci, archi, portali, volte a ventaglio, cupole, pennacchi grondanti ricami; di rivestimenti con arabescate filigrane di gesso.
Il Panciatichi continuava a progettare nello stesso stile la Casa di Guardia nel Parco di Sanmezzano, l’Antiporto di un Parco, Interni di due sale ed un Ricco cenotafio orientale (studi pubblicati fra il 1879 ed il 1885 sulla rivista fiorentina Ricordi di Architettura).
Nel 1889 veniva innalzata al centro della facciata l’aggettante torre-porta e decorati gli altri segmenti del prospetto con fasce marcapiano in mattoni congiunte alle cornici delle finestre e da motivi a losanga inseriti negli intervalli fra le aperture del secondo piano.
Il parco della villa di Sammezzano, uno dei parchi più vasti della Toscana, è costituito da una grande ragnaia formata da una fustaia di leccio.
All’interno di questa e su terreno sottratto alla coltura agricola, alla metà dell’800 Ferdinando Panciatichi mise a dimora una quantità di generi esotici e rari (tra questi Sequoia sempervirens, Sequoiadendron giganteum e altre resinose americane, ancora visibili), ed abbellì il parco con manufatti di stile moresco: un ponte, una grotta con l’acqua (dentro alla quale esisteva una statua di Venere, ora rimossa), vasche, fontane e altre opere decorative in cotto (alcuni gruppi statuari furono successivamente trasferiti a Firenze, nel palazzo Ximenes di Borgo Pinti).
Da una relazione stesa nel 1890 da Maria Paolucci, figlia del Panciatichi, sappiamo che le sequoie vennero poste a dimora intorno al 1851, e che per il primo esemplare fu sborsata una somma assai ingente: al tempo in cui scriveva la Paolucci erano ancora in vita esemplari di soltanto 37 dei 134 generi botanici piantati dal padre. Tra questi Araucaria, Sequoia Taxodium, Criptomeria, Biota, Thuja, Thuiopsis, Libocedrus, Taxus, Cephalotaxus, Cupressus (varie specie), Pinus, Abies, varie palme, Yucca, Quercus (di varie specie) oltre ad alcune piante di esclusivo interesse floricolturale.
Gran parte delle piante incluse nella relazione del 1890 non esistono più; altre sono state nuovamente poste a dimora e altri generi si sono aggiunti ai sopravvissuti.
Di particolare rilevanza è il gruppo di sequoie giganti, forse il più numeroso in Italia: si tratta di 57 sequoie adulte (tutte alte più di 35 metri), una delle quali ha un tronco di circa dieci metri, un’altra di otto.
Notevoli anche gli esemplari di cipresso di Lawson (uno dei più grandi è visibile dalla strada perimetrale inferiore del parco), esteso su un’area di circa 85 mq., riconoscibile per il colore argenteo della pagina inferiore delle foglie.
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