Del castello di Loro (h m 328) si ha notizia a partire dagli albori del secondo millennio, in un documento del 1065. Era un borgo fortificato alla confluenza di due torrenti attraversati da due ponti in corrispondenza di due porte nelle mura di cinta: l’uno, interrato alla metà del XX secolo e recentemente riscoperto da un’alluvione, superava il rio della Madonna; l’altro, ancora oggi ben visibile e percorribile, con la sua arcata alta sopra il Ciuffenna che corre nella gola a valle del paese; entrambi permettevano nel Medioevo al tracciato dell’antica via Cassia di lambire prima, di attraversare poi, il castello, per proseguire verso Pian di Sco e, in seguito, Castelfranco e Terranova. Delle fortificazioni medievali del borgo restano tracce inserite nelle abitazioni che guardano Piazza dello Scoglio, in una delle quali è ancora visibile una porta sormontata da una torre: uscendo da questa la strada imboccava il ponte vecchio, presso il quale oltre il fiume ancora sono visibili tracce della casermetta del doganiere. In tempi successivi il borgo continuò ad estendersi verso il ponte vecchio ed il fiume, costituendo l’agglomerato del Fondaccio –nel nome sembra di riconoscere il termine fondaco, che indicava i magazzini dei mercanti, con le case che li sovrastavano- producendo l’apertura di postierle nelle mura di cinta, ancora visibili. La porta che oggi si vede, e la torre che vi insiste -parzialmente ricostruita in stile nell’ ‘800- appartengono ad una ristrutturazione urbanistica progressiva nel corso dei secoli, quando la funzione difensiva era venuta meno con l’affermarsi della pax fiorentina.
L’esistenza dell’insediamento è documentata almeno dal 939, quando se ne dona il possesso all’abbazia di Santa Fiora con atto dei re Ugo e Lotario, confermato poi nel 996 da Ottone III e nel 1022 da Arrigo II. Al centro di una nutrita corona di castelli e rocche collocati sulle pendici del Pratomagno –alleati più o meno fedeli, o avversari, a seconda delle circostanze-, vi dominarono prima gli inquieti nobili del Valdarno -gli Ubertini, i Guidi-, ed infine il Comune di Firenze; e fu sempre al centro di trame e guerre, fino all’affermarsi definitivo della potenza fiorentina (1293-1306). Costituitosi in Comune, gli statuti del 1462 –successivamente riformati- sono conservati presso l’Archivio di Stato di Firenze. Nel 1646 il granduca di Toscana Ferdinando II conferiva il feudo di Loro con titolo di marchese a Piero Capponi; il feudo rimaneva alla famiglia fino al 1665, per tornare nel possesso granducale.
Nell’assetto medievale grande importanza aveva la rocca, ubicata in corrispondenza dell’attuale piazza della chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta nella parte alta della cittadina; la chiesa, più piccola e disposta perpendicolarmente all’attuale, fu ampliata –forse in seguito a distruzione o parziale crollo, come si può constatare in molti edifici medievali della zona- occupando parte della fortezza originaria, non più necessaria nel nuovo assetto politico: resta percepibile la sua imponenza, malgrado le costruzioni signorili successivamente sorte dalla parte del monte. La piazza della chiesa è occupata per un lato dalla sua parete destra, nella quale si apre la porta d’ingresso –laterale rispetto all’edificio-, corrispondente alla porta della chiesa originaria; quest’ultima occupa la parte finale della chiesa attuale, e l’abside ne costituisce la cappella battesimale.
Un mulino, ancora in funzione, deve da tempi remoti aver servito alla popolazione lorese: esso è situato proprio nel paese, come una più recente filanda, sede oggi della Mediateca comunale. Il borgo antico conserva le caratteristiche originarie, che l’intrapresa attività di restauri fa certo risaltare. Il paese si è poi sviluppato fuori, già dai secoli scorsi: così appena fuori porta si trova il Palazzo Municipale –con il Museo di Venturino Venturi e la Biblioteca comunale- e il centro cittadino vero e proprio. Un nuovo ponte ha sostituito da poco il ponte vecchio, sul quale è stato di recente proibito il traffico veicolare, ed è stato compiuto un complessivo riassetto urbanistico, che ha visto la nascita di quartieri interamente nuovi. Le Frazioni montane e collinari si sono progressivamente svuotate –vi restano le seconde case di molti loresi-, con gli abitanti che si sono trasferiti nel Capoluogo per la maggior comodità di raggiungere i luoghi di lavoro dell’attivissimo e fiorente comprensorio valdarnese.
Poco fuori Loro, sulla via dei Sette Ponti verso San Giustino, una deviazione a destra di 1300 m, che dopo 800 m dal bivio incontra sulla sinistra un tratto di selciato della via Cassia, porta al villaggio di Gropina (h m 381). La più antica menzione di San Pietro a Gropina si trova in un atto di donazione, apocrifo ma che testimonia un evento veritiero, all’abate del monastero di Nonantola, in Emilia, della chiesa di Gropina e delle sue possessioni, da parte di Carlo Magno nell’anno 780. Il primo documento autentico comunque risale al 1016. Nel 1191 Arrigo VI concedeva tutto il territorio di San Piero di Gropina ai Guidi, che lo tennero fino al 1316.
Verso la fine del ‘400 Innocenzo VIII aveva concesso la pieve di Gropina in beneficio ad Agnolo Poliziano; Leone X la trasferiva nel 1515 al Capitolo della Metropolitana di Firenze. La facciata è in grandi bozze di pietra ben ordinate, che tuttavia manifestano gli avvenuti interventi di modifica e restauro: del resto la stessa porta di ingresso e la bifora che la sovrasta appaiono disassate rispetto alla finestra circolare e alla cuspide, così come le due monofore corrispondenti alle navate laterali sembrano estranee al disegno complessivo. Sull’architrave della porta è riportata la data 1422, probabilmente riferibile ad uno degli interventi di restauro. Il serafino ivi scolpito risale all’epoca del trasferimento della pieve al Capitolo di Firenze; lo stemma di Leone X che sovrasta l’architrave porta la data 1522.
L’interno è diviso in tre navate con un’abside ornata da due file di arcatelle sorrette da colonnette elegantissime. Le navate sono spartite da due file di colonne con capitelli scolpiti e figurati: nelle colonne di sinistra raccontano episodi tratti dal Vecchio e dal Nuovo Testamento, ed appaiono meno arcaici rispetto a quelli delle colonne di destra, che richiamano l’arte precristiana, etrusca ed orientale. La navata centrale è grande il doppio delle navate laterali, delle quali tuttavia la sinistra è un poco più larga della destra, ed è coperta da un tetto a capanna sorretto da capriate di legno. L’abside ha tre monofore e sei occhi, dai quali filtra una tenue luce. Nella navata destra della chiesa una scala permette di accedere al sottochiesa, reso visitabile dopo che i lavori di sistemazione del pavimento della chiesa avevano fatto scoprire le fondazioni di edifici preesistenti, e più precisamente di due successive chiese più piccole, una ad una sola navata ed una che appare a due navate con due absidi non allineate e resti di edifici romani e longobardi.
Appoggiato ad una colonna della navata destra è il celebre pergamo circolare, dalle ricchissime decorazioni scolpite nella grigia pietra serena, sorretto da due colonne annodate, motivo che si presenta anche nella colonna centrale del decoro esterno dell’abside, che ripete il motivo interno delle arcatelle sorrette da colonne con cariatidi che sorreggono il piano. L’esterno prosegue il severo stile dell’interno, con una elegantissima abside, ed un tozzo campanile, forse impiantato su una torre longobarda. Appoggiata alla parete destra della chiesa è la canonica, che si presenta ora con forme seicentesche, ma che nella parte posteriore mostra una porticina d’accesso addossata al campanile di stile romanico. Sopra l’abside esterna è ben visibile una sfasatura del colmo del tetto a capanna, testimonianza di antichi eventi di crollo o di dissesto. L’insieme costituisce un monumento di assoluta qualità e di immediata leggibilità, che ne fanno giustamente il centro d’attrazione di tutto il territorio.
E’ la frazione più importante del Comune, situata alla sua estremità dalla parte di Castiglion Fibocchi verso Arezzo, sulla via dei Sette Ponti, poco lontano dall’incrocio con la via del Casentino. La sua origine risale al secolo XII, quando fu ricostruita nel sito attuale la pieve che prima si trovava lungo la vecchia Cassia.
A San Giustino si celebra annualmente la Festa del perdono nella terza domenica di luglio. Vi sono altresì attive botteghe artigiane di oreficeria e ceramica, e diverse aziende agricole che vendono direttamente i loro prodotti.
Di questo antico borgo fortificato, dalle case costruite in muratura mista di pietre e mattoni, circondato da fossati naturali – ed al quale si accedeva, come si accede, attraverso un ponte ora di pietra, prima di legno – si ha notizia fin dal 1039, e lo vediamo attivamente implicato nelle complesse vicende di storia e di guerra che interessarono i castelli del Lorese e del Valdarno, oscillando nell’influenza aretina e fiorentina, alla quale dovettero cedere nel 1344. Anche allora non ebbe vita quieta fin tanto che nel 1384 i Fiorentini conquistarono Arezzo, riducendo in loro potere tutti i castelli tra le due città. I granduchi Medici lo infeudarono nel 1644 ad Alessandro dal Borro con il titolo di marchese, cosicché il castello tornava, dopo secoli, alla famiglia che lo aveva anticamente posseduto. Passò quindi ai Capponi, ai Medici Tornaquinci, ai Della Torre, agli Hohenlohe, e da ultimo ai Savoia Aosta. Oggi è stato acquistato, insieme alla tenuta del Borro, dal signor Salvatore Ferragamo.
Della cinta muraria già turrita rimangono pochi ruderi; si accedeva al castello per una ripida strada, terminata dal ponte levatoio ricordato, sotto il quale si dice passasse la via Cassia, della quale poco lontano, nel tratto di salita verso l’altopiano che guarda Castiglion Fibocchi, ancora appare un pezzo di tracciato.
Della chiesa parrocchiale di San Biagio si ha notizia almeno dal 1344, allorché vi si riunirono gli abitanti per decidere la sottomissione a Firenze. Appartenente alla pieve di San Giustino, dalla parrocchiale di San Biagio dipesero una ormai scomparsa chiesa di Sant’Apollinare presso Monticello, lungo il tracciato della Cassia, documentata almeno dal 1390, le cui fondamenta furono scoperte a metà dell”800; come pure la chiesa intitolata ai Santi Martiri Ippolito e Cassiano, in località Politi. Nel castello si trova l’oratorio di Santa Maria Maddalena -al quale era anticamente annesso uno Spedale con due letti, uno per le donne e l’altro per gli uomini- riccamente dotato; e la chiesa della Compagnia, con un quadro del XVI secolo, ed una croce astile del XVII secolo.
Nel borgo -oltre a negozi di alimentari e di articoli per la casa, da regalo, di antichità- si trova un vicolo con botteghe di artigiani orefici e ceramisti. In alcuni antichi locali sono allestite una storia di Pinocchio ed un Presepe animati.
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