Castelfranco di Sopra

Castelfranco di Sopra ha un impianto urbano che ricalca il castrum romano con le vie ortogonali e la piazza centrale sulla quale si affacciavano gli edifici del potere.
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Le balze e i calanchi della Valdarno tra Firenze e Arezzo attirarono l’attenzione scientifica di Leonardo da Vinci, che le utilizzò come sfondo in vari dipinti e disegni. Particolarmente affascinanti le balze dell’Acqua zolfina, poco distanti dalla panoramica strada dei Sette Ponti dalla quale, all’incrocio con la provinciale di Botriolo, si scorge la medievale torre di Castelfranco incorniciata dai calanchi.

Come le altre “terre nuove”, Castelfranco di Sopra ha un impianto urbano che ricalca il castrum romano, con le vie ortogonali e la piazza centrale sulla quale si affacciavano gli edifici del potere: il palazzo del podestà e la chiesa di San Pietro, oggi scomparsa. I lotti hanno misure multiple del braccio fiorentino e man mano che ci si allontana dal centro, i palazzi hanno altezze degradanti e le strade larghezza minore. A disegnare la città sarebbe stato, secondo Vasari, il celebre architetto Arnolfo di Cambio, e si vede come l’impronta fiorentina sia ancora visibile, non solo nel tracciato urbano ma anche in alcune abitazioni del primo tratto della via Maestra, risalenti al periodo della fondazione della terra nuova e in tutto simili alle case a schiera del centro storico di Firenze.

Nella piazza, il Palazzo Comunale si conserva originale nel piano terreno e contiene intatte le carceri. Sulla facciata porta gli stemmi dei podestà e nella sala consiliare è da vedere l’affresco della Madonna del latte (fine XIV secolo). Scendendo dalla piazza lungo via Cavour si trova la Chiesa di San Filippo Neri, che si presenta con una facciata del 1761 ma in realtà il primo oratorio fu costruito nel 1631 e ampliato nel 1666. Sull’altare centrale, secentesco, vi è una pala di San Filippo del fiorentino Matteo Rosselli, ma ancor più interessante è, nella cappella laterale, la Vergine col Bambino della scuola di Andrea del Sarto.

In fondo a via Cavour ecco Torre d’Arnolfo, detta anche Porta Campana, l’unica torre sopravvissuta che reca scolpiti il giglio di Firenze e la data della sua costruzione, il 1300. Casa Campa in via Piave porta l’immagine di un cavallo con accanto il giglio fiorentino scolpita sulla facciata, ad indicare che era una stazione di posta dove si lasciavano i cavalli. Sul lato opposto della strada è la Cappella della Compagnia dei Bianchi, rimaneggiata nel Cinquecento.

Interessante è il percorso di via Arnolfo, dove l’unico tratto di mura rimasto è completo del camminamento della guardia. Un altro edificio da vedere è il settecentesco Palazzo Sassolini in via Veneto, dove si trovano anche i resti di edifici del XV e XVI secolo. In via Roma, infine, è situato il Teatro Comunale intitolato a Wanda Capodaglio, molto importante per la comunità di Castelfranco.

La campagna sopra la strada dei Sette Ponti è costellata di case coloniche, case torri, piccole frazioni e resti di castelli feudali. Tutt’intorno, un paesaggio d’ulivi e ordinate sistemazioni agrarie a terrazzamenti. Sotto alla Setteponti, si trova l’area delle Balze, da cui è iniziato il nostro viaggio.

Badia a Soffena

Posto proprio alle porte di Castelfranco ma rimasto fortunatamente isolato e immerso fra il verde degli olivi e delle viti, oggi il complesso della Badia di San Salvatore a Soffena costituisce uno straordinario biglietto da visita per quanti giungono in paese dalla via di Setteponti. Il complesso è costituito dalla Chiesa, il chiostro e il convento. La Badia è nominata già in un documento del 1014 e nel 1090 con una bolla papale di Urbano II°, fu affidata ai monaci Vallombrosani insieme ad altri possessi. Nel 1394 la chiesa fu completamente ricostruita, come dimostrano i caratteri architettonici odierni di stile gotico.

Nei primi decenni del 1700 però la Badia ando’ incontro ad un rapido declino; fu destinata infatti ad uso agricolo con conseguente dispersione dei manufatti artistici e danneggiamento degli affreschi. Dopo il 1960 lo Stato acquistò l’immobile e diede inizio all’opera di ricostruzione; provvide allo stacco degli affreschi ( che erano stati rovinati a colpi di martello), ripristinò il tetto, riportò all’antica forma il chiostro e sistemò l’interno della chiesa ed il campanile.

La chiesa ha pianta a croce latina con abside quadrato. La copertura è a volte a crociera. Gli affreschi all’interno della chiesa, del ‘400, sono di artisti quali Paolo Schiavo, il Maestro Liberato da Rieti, Bicci di Lorenzo. Di particolare pregio ” L’Annunciazione” del fratello di Masaccio Giovanni di Ser Giovanni detto lo Scheggia. Attualmente sono in corso lavori di ristrutturazione per la realizzazione di un archivio, della biblioteca e di un museo dei reperti archeologici ritrovati durante gli scavi del 1991.

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